A seguito delle invasioni dei Saraceni e dei Maori verso il X secolo, in epoca Normanna, precisamente nell’Italia meridionale, i bufali furono introdotti nella penisola dando origine alla produzione della mozzarella di bufala.
In seguito, con l’impaludamento delle pianure costiere, Piana del Volturno e del Sele assunsero caratteristiche ambientali ottimali per l’allevamento di questi animali.
Il termine “mozzarella” appare per la prima volta nel 1570 in un famoso testo di un cuoco della corte papale, Bartolomeo Scappi, e si pensa che derivi dal termine “mozza” cioè l’atto di mozzare la pasta filata con indice e pollice.
I primi edifici in cui si lavorava il latte di bufala risalgono al XV secolo e venivano chiamate “Bufalare“, erano costruzioni in muratura dalla forma circolare con un grande camino al centro.
La diffusione delle mozzarelle di bufala si ebbe durante il XVIII secolo, grazie alla nobile casata dei Borboni, i quali possedevano un grosso allevamento di Bufale con annesso caseificio nella provincia di Caserta. Gli eventi più importanti e i nomi delle bufale, che ricordavano quelli di personaggi corte, venivano annotati in un registro.
Nel XIX secolo, durante l’unificazione d’Italia, nacque ad Aversa la “Taverna”: un vero e proprio mercato per la commercializzazione della mozzarella di bufala e di altri prodotti caseari. Il commercio veniva regolato da appositi contratti che entrarono in vigore dal 1 settembre al 31 agosto dell’anno dopo.
La tutela, la valorizzazione, la vigilanza e la promozione della mozzarella di bufala furono garantite solo nel 1981 con la fondazione del Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana, un organo riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole, Forestali e Alimentari.